Fridays For Future agli Stati Generali

20 giugno 2020

Sabato 20 Giugno, su invito del presidente Conte, Fridays For Future Italia ha preso parte agli Stati Generali dell’Economia tenutisi a Villa Pamphilij a Roma.

Abbiamo presentato il nostro piano per la rinascita del paese, Ritorno al Futuro, un progetto tanto ambizioso quanto necessario, elaborato insieme ad esperti ed organizzazioni, che contempla investimenti in tutti i settori chiave dell’economia (edilizia, energia, agricoltura, turismo, trasporti,…), che punta ad una ripartenza del paese incentrata sulla transizione ecologica e sulla prevenzione di nuove catastrofi climatiche, sanitarie, umanitarie.

Il piano Colao non è al passo con i tempi, con i suoi massicci investimenti sul gas fossile che renderebbero impossibile il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni indispensabili a scongiurare il collasso sociale. È necessaria una totale trasformazione dell’economia, che porti lavoro, benessere e salute, e una tale trasformazione non può che passare per la riconversione ecologica” ribadiamo con forza noi di Fridays For Future Italia.  

Abbiamo accolto con grande amarezza la decisione del presidente Conte di incontrare prima di noi, nella stessa giornata, aziende partecipate come ENI e Snam, tra le più inquinanti al mondo e tra le principali responsabili della crisi climatica. Non è accettabile che a queste compagnie, finanziate con il denaro pubblico, sia permesso di presentarsi come baluardi della sostenibilità, quando al tempo stesso fanno di tutto per ostacolare le politiche climatiche per tutelare i propri profitti. 

Abbiamo denunciato questa ingombrante contraddizione durante l’incontro, ma gli esponenti del governo hanno deciso di evitare la questione. 
Anziché impegnarsi per una reale riconversione dell’economia, il presidente Conte e il ministro Costa hanno preferito concentrarsi sul rivendicare alcuni piccoli progetti attualmente in discussione, certamente utili, ma di una portata enormemente inferiore rispetto agli interventi che sarebbero richiesti per avere qualche possibilità di evitare un collasso climatico. 

Non ci siamo potuti liberare dell’impressione che i giovani – quei milioni scesi nelle piazze di centinaia di paesi ovunque nel mondo pochi mesi fa per gridare all’emergenza – siano ancora una volta trattati con un fare paternalistico, e non come reale parte in causa. Sembra che veniamo interpellati più per un gioco di ruoli, per condire la passerella con qualche fresco visino, anziché come unica, grande voce, sostenuta da sempre più consenso diffuso e spontaneo in ogni parte del globo, che prende alla lettera l’Accordo di Parigi, sul quale tutta la politica pensa invece di poter fare orecchie da mercanti.

Fridays for Future è davvero il solo a conoscere nel dettaglio quello che la Scienza, nel rapporto IPCC 1,5°C, detta molto chiaramente come tabella di marcia e interventi ineluttabili per poter evitare il collasso climatico??
Avevamo sperato di non dover ancora distribuire, insieme alle nostre proposte di Ritorno Al Futuro, altre copie del rapporto IPCC sul quale ogni futura politica dovrà basarsi. Quando succederà, in questi infiniti tavoli, che qualcuno oltre a noi giovani abbia il coraggio di fermare lo tsunami di parole, e cominci a trattare la crisi climatica per l’epocale emergenza che è?
Addirittura il presidente Conte ci ha chiesto se “sappiamo cosa sia la Cop26” (la conferenza delle parti per il clima)!

Tra i pochi passaggi positivi che abbiamo ascoltato dai membri del governo presenti ci sono le dichiarazioni del ministro Boccia, che ha accennato alla possibilità che il BES (Benessere Equo e Sostenibile, indicatore economico alternativo al PIL) diventi vincolante per la stesura della legge di Bilancio. Si tratterebbe di un piccolo ma importante passo verso un’economia non più incentrata sui profitti ma sul reale benessere delle persone e degli ecosistemi. 

Abbiamo potuto constatare che il contrasto alla crisi climatica e la tutela ambientale stanno cominciando ad avere un ruolo imprescindibile all’interno del dibattito politico Italiano. Per quanto il governo abbia presentato alcune prime timide misure, tuttavia queste sono ancora insignificanti di fronte alla portata epocale della sfida che ci troviamo di fronte. Il nostro paese ha il dovere e l’opportunità di mettere in atto una totale riconversione ecologica dell’economia, per poter evitare il collasso climatico e tutelare il benessere dei cittadini. Fintanto che il clima non sarà il cardine di ogni azione politica non avremo alcuna possibilità di scongiurare la catastrofe della nostra civiltà. 

Qui di seguito riportiamo il testo del nostro intervento all’incontro:



Carissimo presidente, signori e signore qui presenti;

Oggi possiamo finalmente ricominciare ad uscire e godere di nuovo della vecchia vita di tutti i giorni, quella “normalità” che tanto speravamo di recuperare, mentre cerchiamo di lasciarci alle spalle tre mesi di paura e di sconforto che hanno lasciato un segno nell’Italia tutta. Ci siamo però dimenticati che “normalità” è l’ardere incessante delle foreste dell’Australia e dell’Amazzonia, sotto l’effetto della crisi climatica. Dimentichiamo che la “normalità” sono gli abitanti di Venezia con l’acqua alla gola. La “normalità” è chi l’acqua non ce l’ha nemmeno per bere. La “normalità” è una crisi migratoria figlia di un mondo di guerre e di sofferenze. La normalità è disuguaglianza. La normalità è una crisi.

Ora, quelle che vi stiamo distribuendo sono le copie dello Special Report dell’IPCC. L’ Intergovernmental Panel on Climate Change, Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico. Credo che il suo contenuto sia noto a tutti,  in caso a qualcuno fosse sfuggito, provo a sintetizzarlo: se non agiamo immediatamente siamo condannati al collasso climatico, economico, umanitario, e insomma alla fine della storia umana così come la conosciamo. Il rapporto dice anche che cosa si deve fare per evitarlo. E sapete? Non si sta facendo abbastanza. Volendo essere più precisi, uno studio pubblicato 2 settimane fa da Kevin Anderson e John Broderick, del Tyndall Centre for Climate Change Research, e Isak Stoddard, dell’università di Uppsala, mette le cose ancora più in chiaro. Paesi ricchi e sviluppati come l’Italia, per rispettare gli impegni presi durante gli accordi di Parigi, dovrebbero ridurre le proprie emissioni di gas climalteranti del 12-15% ogni anno. Ovviamente non ci siamo neanche lontanamente avvicinati a un tale traguardo, forse perchè non ci abbiamo ancora provato.
Le conseguenze di questo fallimento sono sotto gli occhi di tutti, e vanno dagli eventi metereologici estremi alle invasioni di locuste, alla calura estiva alla distruzione dei raccolti dei nostri agricoltori a causa delle stagioni impazzite. Alcune altre possiamo solo immaginarle. Al ritmo attuale, tuttavia,  arriveremo ben presto a vederle con i nostri occhi.

Signor Presidente, … ho bisogno che mi guardiate negli occhi, che ascoltiate le mie parole, quelle di migliaia di attivisti, di cittadini, premi Nobel, scienziati, che ascoltiate le grida di chi paga il prezzo delle nostre azioni.

Ci restano 7 anni e 194 giorni prima che il nostro carbon budget sia esaurito. Fra 7 anni e 194 giorni sarà troppo tardi, troppo tardi per correre ai ripari, per fare qualsiasi cosa. Signor presidente, è la scienza ad affermarlo.
Fra 7 anni e 194 i nostri soldi non saranno abbastanza.

L’Italia non sta facendo abbastanza per tutelare il mio futuro, la mia sopravvivenza, la nostra sopravvivenza, quella dei suoi cittadini.  È necessaria una vera svolta, un vero cambiamento, è necessario che chiunque si trovi in questa stanza capisca la gravità della situazione e sia pronto ad agire, costi quel che costi. Perché il benessere delle persone viene prima di ogni altra cosa.

Oggi siamo qui, ancora una volta, a chiederci se saremo in grado di concretizzare questo cambiamento, a chiederci se ne saremo all’altezza.

Ebbene, la scelta è piuttosto semplice: da una parte c’è il ritorno al passato, al sistema che ci ha condotti fin qui, al collasso climatico ed ecologico, alle migrazioni di massa, alle carestie, alle emergenze sanitarie che diventeranno sempre più frequenti, alla catastrofe economica che, anche riuscendo a superare il dissesto causato dal Covid-19, ci stroncherà al superamento del carbon budget, quando gli effetti drammatici della crisi climatica saranno ormai incontrollabili.

Dall’altra parte, invece, c’è un Ritorno al Futuro: c’è la ripresa economica, l’azzeramento delle emissioni, c’è il progetto di un’Italia nuova e che sia d’esempio per l’Europa e per il mondo, che possa farsi capofila di un progresso non più misurato solo in termini di PIL, ma di benessere ed equità.

Ora, chiudete gli occhi e immaginate: le nostre città verdi e libere dal traffico, non a causa della reclusione, ma grazie ad un trasporto pubblico efficiente e accessibile a tutti e a tutte, i tetti dei nostri edifici, pubblici e privati, ricoperti di pannelli fotovoltaici, le strade pedonalizzate e popolate dai cittadini anziché dalle macchine. Immaginate di poter andare da Catanzaro a Monaco di Baviera, da Roma a Copenhagen, in treno, senza spendere un granché, che sia in vacanza, per studio o per lavoro. Immaginate le strade di Roma, che non saranno più sommerse dai rifiuti, grazie ad una vera economia circolare, e profumeranno di pulito. Immaginate di riscoprire le bellezze di parchi e montagne, mari e litorali, diventati irriconoscibili a causa dell’attività umana, di poter fare affidamento sull’aria, sull’acqua, e sui beni essenziali che gli ecosistemi naturali del nostro paese, sani e integri, ci regalano, di produrre quel cibo per cui siamo famosi in tutto il mondo in maniera sostenibile.

Ebbene, tutto questo non solo è possibile, ma è incredibilmente conveniente per l’economia, per la creazione di posti di lavoro, per la tutela della salute dei cittadini. Gli studi parlano chiaro. Lo affermano il Fondo monetario internazionale, lo afferma il premio nobel per l’economia Joseph Stiglitz: gli investimenti verdi generano tre volte più posti di lavoro di quelli nel settore dei combustibili fossili. E lo ha illustrato chiaramente anche l’Agenzia internazionale dell’Energia: un piano per la ripresa incentrato sulla transizione ecologica è in grado di generare milioni di posti di lavoro ogni anno. Mentre è chiaro, ormai, che gli investimenti nei settori dell’aviazione, dell’automobile, dei combustibili fossili, servono solo per tenere in vita un settore già destinato da tempo a morire. Investendo i soldi in questo modo non si stanno tutelando i posti di lavoro, che invece si potrebbero addirittura moltiplicare: si stanno tutelando i profitti di quelle poche aziende che non vogliono arrendersi all’avvento di un mondo nuovo.

Non esiste una soluzione moderata per la ripartenza del paese. Non esiste alcuna via di mezzo. Se le misure attuate non saranno sufficienti a portare l’Italia in linea con gli impegni presi durante gli accordi di Parigi, ad evitare il collasso climatico, allora tutto sarà tornato come prima. I piani sviluppati fino ad ora non sono al passo con i tempi. Non sono sufficienti, sono il rigurgito di una fase che dev’essere chiusa. Ancora una volta, non sono altro che un ritorno al passato.

Durante questa pandemia, signor presidente, il suo governo si è dichiarato un fedele seguace delle indicazioni della scienza. Ebbene, non possiamo permetterci, quando la scienza ci chiede di ridurre le emissioni del 12% l’anno, non possiamo assolutamente permetterci di costruire nuove infrastrutture per il trasporto del gas fossile, come i metanodotti in Sardegna e in Puglia. Ciò vuol dire rinunciare ad azzerare le emissioni. Vuol dire arrendersi.
Noi abbiamo una proposta alternativa per la ripartenza dell’Italia, si chiama Ritorno al Futuro. Abbiamo individuato sette macrotemi fondamentali e li abbiamo sviluppati insieme a decine di esperti, scienziati e organizzazioni, elaborando, così, proposte concrete sugli investimenti e sulle misure da prendere, sui settori da potenziare e le normative da implementare.

Le nostre proposte vanno dall’imposizione di una Carbon Tax alla sostituzione di stufe ed impianti di condizionamento con impianti più moderni, efficienti e a controllo di emissioni, da una massiccia incentivazione del trasporto pubblico su rotaia alla mobilità dolce all’introduzione di una carta regionale o interregionale dei trasporti, per favorire l’interscambio tra diversi mezzi di trasporto, con un prezzo agevolato per tutti; ci sono il sostegno al turismo locale, incentivando l’uso del treno; ci sono la lotta al caporalato, la creazione di orti urbani, la chiusura degli allevamenti intensivi e l’azzeramento degli sprechi alimentari, una moratoria su tutti i trattati commerciali che deregolamentano gli scambi nel settore agricolo; ci sono la ristrutturazione delle reti idriche e la ripubblicizzazione dell’acqua, ci sono l’End of Waste e la bonifica delle aree a rischio. 

In queste pagine abbiamo, quindi, incorniciato l’Italia che vorremmo, che è necessaria affinché un reale progresso sia possibile. Sappiamo che non è facile. Siamo consapevoli che quella che ci serve è la più grande svolta nella storia dell’umanità. Ma  non abbiamo alternative. E se alcune delle misure da attuare necessitano tempo prima di diventare operative, come il potenziamento e l’estensione della Smart Grid, alcune possono essere varate immediatamente. Un esempio fra tutti: la conversione dei 16,8 miliardi annui di sussidi ambientalmente dannosi in sussidi ambientalmente favorevoli. In questo periodo Spagna e Italia sono state come sorelle nella catastrofe del Covid-19. Ebbene, perché non seguire l’esempio di quel paese, il cui governo ha proposto l’azzeramento dei sussidi ai combustibili fossili, e il divieto di nuove esplorazioni ed estrazioni di gas e petrolio?

Forse, presidente, gli interessi delle aziende che avete ascoltato prima di noi, valgono più del benessere delle persone? Forse i profitti di queste aziende sono più importanti della salute e del futuro dei cittadini? Avete ascoltato prima di noi aziende tra le più inquinanti al mondo, che mettono tutto il loro impegno per apparire verdi, sostenibili, pulite, ma che stando alla realtà dei fatti continuano ogni anno ad investire miliardi di euro in nuove esplorazioni di gas e petrolio, si rendono responsabili di disastri ambientali, e come se non bastasse sono finanziate con i soldi dei contribuenti. Ci avete ascoltato nello stesso giorno, come se fossimo due parti in causa, che hanno semplicemente idee diverse su come far ripartire il paese. Ma le cose non stanno così. Le aziende che avete ascoltato non sono parti terze, sono parzialmente controllate dallo stato. E i loro interessi non hanno nulla a che fare con il benessere dei cittadini e con la tutela di un futuro vivibile. 

Signor presidente, forse durante la pandemia avete ceduto alle pressioni di chi chiedeva di riaprire tutto subito? No, avete ascoltato le indicazioni della scienza e avete messo il benessere delle persone prima del mercato. Ora si tratta di fare lo stesso, con la differenza che la cosa più giusta da fare è anche la più conveniente per tutti, tranne per quelle persone che lucrano sulla distruzione degli ecosistemi e sull’inquinamento.

Al netto di qualsiasi interesse economico, oltre qualsiasi opportunità di speculazione finanziaria la politica ha il dovere imprescindibile di difendere se stessa, la scienza e i suoi cittadini dalla violenza e dalla corruttibilità del denaro. 
La politica deve avere l’onestà di riconoscere che in questo esatto momento si stanno discutendo delle manovre le cui conseguenze si rifletteranno in modo definitivo sul nostro futuro. La politica deve dimostrare prontezza nel preparare consistenti piani di rinascita in direzione di una vera e completa transizione ecologica.

Si è detto che molti stati ci abbiano preso ad esempio nell’affrontare la crisi sanitaria e nel farlo abbiano evitato le conseguenze più gravi di questa pandemia.

Ora, in questa fase di ripartenza, possiamo essere di esempio nuovamente, mostrando lungimiranza e coraggio, due caratteristiche spesso mancate a molti governanti. Questa tendenza può e deve essere interrotta.

Lei può farlo, presidente. La storia sarà dalla sua parte, in questo.

Sappiamo cosa, sappiamo come, sappiamo perché, ci manca solo sapere quando, quando riusciremo a fare un passo avanti? Quando saremo abbastanza coraggiosi da cambiare strada? Quando riusciremo a riconoscere i nostri errori e salvarci?

Poco tempo fa abbiamo scritto “Cara Italia, ascolta il nostro silenzio” ora, più che mai, diciamo “Cara Italia, non ignorare le nostre parole”.

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